Passa ai contenuti principali

preferisco rimanere sul semplice...

Restando per il momento in Inghilterra, aspetti curiosi di una civiltà leggermente differente dalla nostra si rivelano evidenti in un piccolo farmer's market incontrato per caso lungo il fiume ad Arundel, sperduto paesino del West Sussex adagiato sotto le mura di un imponente castello medievale.


Prima di tutto il contadino sembra quasi fuori posto dietro il suo banchetto di verdure, tanto assomiglia ai personaggi che popolano i pub nei telefilm de La signora in giallo ambientati in Gran Bretagna. Dalle basette oserei dire che potrebbe addirittura essere lui il colpevole!


Poi l'mperdibile banchetto dei pies: la gastronomia popolare è tutta riassunta in questi tortini di farina e strutto che contengono, a caso tra i presenti: pollo prosciutto e porri, anguilla alla birra, sanguinaccio e mele...  


Altra esclusiva sono i formaggi locali. Di tutte le bancarelle questa in specifico mi è rimasta nel cuore, sia per il personaggio


che proprio per il suo prodotto: "Non posso credere che non sia vero parmigiano!" cita lo striscione, anche se in realtà, spiega orgogliosamente l'omino in bombetta, si tratta di "un cheddar con quel nonsochè di parmigiano"...


E come non parlare del pane?! Questa foto per tenere d'occhio quel pane a cassetta tondo, di cui poi vedremo il destino,


e quest'altra per sottolineare come il nazionalismo si fonda in questo periodo con la passione sportiva, tanto da affiancare ai tradizionali cross bun i simboli della squadra di calcio inglese.


E non mancano le sorprese, tipo uno sbandieratissimo olio di produzione locale! D'accordo, non siamo proprio immersi nei profumi mediterranei, ma anche un buon olio di colza può avere un suo dignitoso perchè...


Dopo tutte queste emozioni quel che ci vuole è una sosta ristoratrice in un pub. Sul menù i piatti più improbabili (e va be', siamo in zona di turismo inglese, qualche concessione va pur fatta...):


Traduzione del Knickerbocker Glory, il primo dolce in carta:  macedonia di frutta, due differenti gusti di gelatina dolce, gelato alla vaniglia, fragola e cioccolato, panna montata, salsa alle fragole, granella di nocciole, cialde...

Decido, chissa perchè (!), di restare sul semplice. Quel che maggiormente mi attira  è una delle preparazioni più classiche della cucina inglese, il tost di formaggio, declinata alla sua ennesima potenza nella versione gallese del Welsh rarebit.

L'idea basilare consisterebbe in una fetta di pane tostato coperta con una fetta di formaggio e passata sotto al grill, ma la tradizione è un'altra... e prevede la birra! In questo pub, nonostante Arundel sia nel West Sussex, rispettano le abitudini gallesi in modo perfetto. Qui la mia replica, un filino meno "decisa" dell'orignale:


Welsh rarebit - Toast gallese di formaggio
ingredienti per 4 persone:
4 belle fette di pane soffice al miglio come sopra (o pane casereccio un po' morbido)
230 gr. di Caerphilly o Cheddar un po' maturo (o emmenthaler)
3 cucchiai di birra stout (o almeno doppio malto)
3 cucchiai di panna
2 tuorli
1 cucchiaino di senape inglese
1 spruzzo di worchestershire sauce (oppure pepe bianco)

Grattugiare il formaggio appena levato del frigo, in modo che non si impasti sulla grattugia; sbattere a parte i due tuorli con la senape e la worchester.

Scaldare in un tegamino la panna fino a che comincia ad ispessire, quindi unire la birra e riportare a bollore, lasciando leggermente consumare.

Spegnere il fuoco, unore il formaggio e rimestare fino a che si è ben sciolto.

Unire i tuorli, miscelare vigorosamente, quindi trasferire in una terrina e lasciar raffreddare. L'ideala a questo punto sarebbe coprire e lasciar maturare la miscela per 24 ore in frigo.

Tostare leggermente il pane da un lato, spalmare un abbondate strato di formaggio dall'altro lato (spesso almeno 1 cm.!) e passare sotto il grill a temperatura media fino a che la superficie è ben dorata e crea delle bolle.

Servire ben caldo, semplice oppure, come in questo caso, completato da una fetta di bacon tostato e da un'insalatina di crescione. Si può accompagnare anche con salsicce o uova all'occhio di bue, volendo proprio farsi del male... L'importante è berci sopra la stessa birra con cui si è preparato!

Per una versione fingerfood tagliare il pane a dadini, spalmarlo anche sui lati, in modo che nonsi  bruciacchi, e tener ein forno qualche instante di meno, servendo poi su piattini singoli con stecchino annesso.
  • rivoli affluenti:
  • per una ricetta "ortodossa" del welsh rarebit: Brian Turner, Favourite British Recipes, Headline Book Publishing
  • oppure: Mark Hix, British Regional Food, Quadrille Publishing Ltd.

Commenti

  1. Ohhh leggero il toast...! Anche tu vedi la signora in giallo ?!...io la amo, cosi fané....
    Un giorno possiamo fare un bel dolce vittoriano a strati, con jelly frutta custard ecc,ecc. ....Un abbraccio da quaggiu'...salutami i signori con basettoni, so british

    RispondiElimina
  2. "Dalle basette oserei dire che potrebbe addirittura essere lui il colpevole!"

    TI ADORO :-DDDDD

    Grazie per questo post, e grazie per quella meravigliosa foto di "I can't believe it is not parmesan"

    Che nostalgia del Welsh Rarebit...
    Il formaggio mi manca da matti, accidenti alle intolleranze!

    @ Glu.fri: un giorno dovrò raccontarvi di quel che voleva essere un dolce vittoriano (preparato da un mio amico inglese) e che ho dovuto assaggiare per educazione: roba da film dell'orrore culinario!!!

    RispondiElimina
  3. Ciao ! sono le h9, ma un "tostino" così lo gradirei anche ora :-)
    Bello il tuo reportage , mi sembra di essere un po' li con te .

    RispondiElimina
  4. Si, il toast sarebbe gustoso, ma il mio fegato si ribella :))))

    Certo che il Knickerbocker Glory sembra preso pari pari da una gelateria USA. E nel seguito vedo "Sundae": non sapevo che usassero anche in UK.

    Bel reportage, complimenti :)))

    RispondiElimina
  5. @glu.fri: sui dolci sono poco versata, ma mai porre limiti alla divina provvidenza... Comunque quel bel cibo sostanzioso ben si adattava al clima del momento: maglie d lana e giubbotti imbottiti erano un abbigliamento più che adeguato!

    @muscaria: la scritta "parmesan" campeggiava talmente sull'intero mercatino che il mio pensiero è stato: tanto di cappello allo spirito imprenditoriale del bowler-man...
    Per una versione milkfree del welsh rarebit... mi spiace ma non saprei proprio come aiutarti! Tutte le perversioni che mi vengono in mente non sarebbero accettabili neppure da un goloso inglese...

    @pagnottella: Hastings? Magari!!! Sono purtroppo già rientrata... Tieni conto che tutto quel che metto qua dentro sulle mie sensazioni inglesi è frutto di una compressissima tre giorni...

    @mogliedaunavita: sì sì, non ti preoccupare: ho intenzione di ammorbare in inglese ancora per un po'. Vado a periodi e, mentre l'unico fisso è quello giapponese, ciclicamente varie stagioni mi portano vari umori ed in genere giungo è quello inglese...

    @chiara: so che qui sembra un po' fuori stagione... ma che importa? Ce lo replicheremo tra qualche mese, oppure appena ripiglia il clima uggioso e freschino dei giorni scorsi. Anche alle 9 del mattino, a volerla proprio dire tutta...

    @corradoT: in realtà il gelato "addobbato" in Europa è sempre esistito, già nelle corti rinascimentali i pasticceri italiani ne erano maestri... Gli Americani gli hanno semplicemente dato un nome loro, "sundae", che in origine indicava gelato e soda ma ora è divenuto sinonimo internazionale di "dessert al gelato".
    Per il fegato ribelle... perchè far comandare lui? Puoi sempre propinargli il formaggio in una porzione micro!

    RispondiElimina
  6. Si, riflettevo sulla sovrabbondanza di ingredienti, tutta USA, nell'inglese Knickerbocker e sull'utilizzo del termine "sundae" in UK. Ho guardato sia sul Webster's che sull'Oxford e mentre il primo attribuisce la paternita' a una citta' USA nel 1881, l'altro dice solo che l'origine e' oscura.
    Sunade in UK: effetti della globalizzazione.

    (ma la soda e' orrenda comunque....)

    RispondiElimina
  7. corradoT: non che i dolci inglesi siano tutti semplicissimi e di pochi ingredienti (pensa ai trifle, al Christmas pudding o al black bun scozzese...), certo è un peccato che venga uniformata sotto un unico termine un'intera categoria di dessert di per sè molto vasta e differenziata. Daltronde credo questo serva anche a capirsi meglio... almeno tra chi parla anglosassone.
    La cosa preoccupante della globalizzazione credo sia purtroppo i graduali uniformità ed appiattimento del gusto, per cui si ritiene più goloso un dolce come questo, mera sovrapposizione random di ingredienti un po' banali, invece di apprezzare una bella apple pie fatto come si deve, magari con il saporitissimo burro locale.
    Daltronde i clienti del pub erano prevalentemente compagnie di giovani e turisti, al mercatino di fronte giravcano invece molti anziani e famigliole dall'accento locale... Il problema della globalizzazione sta di base nell'ignoranza delle persone clhe la subiscono.

    RispondiElimina
  8. Che belli questi tuoi post english, curiosi e divertiti, un modo di scoprire senza prendersi troppo sul serio (il baccone del Cheddar è unico ;-). Mi prendo la versione non ortodossa e grazie, come sempre, per il modo in cui ci fai scopire la cucina :-)
    Sono d'accordo sul discorso globalizzazione dolci, crea punti di riferimento ma impoverisce tantissimo.
    Buon inizio settimana più al nord

    RispondiElimina
  9. Cosa vedo....Hot cross buns,Chelsea buns,doughnuts...pies!!Sod the stiff upper lip,ho il cuore in tumulto! British Regional food e' un gioellino,nel caso qualcuno fosse in vena di stravaganze penso che ci sia ancora una copia autografata a Londra in Charing Cross road....Gli omini nelle bancarelle non sarebbero fuori luogo nel programma culto "League of gentlemen"!
    A presto...

    RispondiElimina
  10. Quell'uomo è un mito! Sono felice che tu lo abbia fotografato! Mi hai fatto un gran regalo.

    @ Edith: true!!! :-D

    RispondiElimina
  11. @edda: prendersi sul serio è sempre un grosso errore...
    (PS: per pochi giorni sono stata più a nord di te, cicca cicca...)

    @edith pilaff: ogni anno torno al Books for Cooks e ci lascio l'anima (oltre che il portafogli)... Questa volta ho fatto il pieno di libretti regionali e cucina dialettale londinese. Credo che il periodo British quest'anno mi durerà parecchio...

    @muscaria: I'm here to please you...

    RispondiElimina
  12. andrò a londara ad agosto e mi hai già fatto entrare nello spirito british,se vuoi fare un salto nella mia cucina http://biscottirosaetralala.blogspot.com

    RispondiElimina
  13. @lefrancbuveur: immaginavo rientrasse nei tuoi gusti. In effetti è un piatto un po' maschile. Se lo provi (magari in stagione adatta...) fammi sapere che ne pensi.

    RispondiElimina
  14. Ma lo sai che il welsh rarebit non l'ho mai mangiato?!... ottima presentazione, mi vien na volgia di andar per farmers market inglesi!:)

    RispondiElimina
  15. @terry: maddai! Quasi non ci credo...

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!