Il primo paté che mi viene in mente e nel cuore è quello che mi ha insegnato S. Qui lo ripropongo usando coniglio e dragoncello al posto di vitello e prezzemolo, come faceva lei, e gli accosto un burro aromatico per addolcirne un pochino l'impatto al palato. Ma non è solo il paté che ho imparato da lei e questa mi sembra l'occasione giusta per raccontarlo e rendergliene merito.
S. è l'iniziale del suo nome ma potrebbe stare anche per Solidità o per Speranza o per Strenght, forza. S. infatti è una donna forte, madre di quattro figli. E' alta, flessuosa ed ha modi garbati. Vive con un marito bugiardo e giocatore, che alza la voce e a volte le mani quando lei osa sottolineare le ristrettezze in cui il vizio del marito costringe la famiglia.
A casa di S. la cucina ha le mattonelle sconnesse, gli sportelli cascanti, il divano del tinello è sfondato. Non esistono chiavi perché nessuno deve potersi nascondere dietro una porta, nemmeno nel bagno, quando il padre chiama. S. però sorride, accarezza i figli sulla testa quando riesce a fare loro un piccolo regalo, a preparare una torta, a festeggiare la domenica con qualche vivanda particolare.
S. convive da parecchio con un tumore e un giorno, quando il controllo evidenzia una recidiva, decide che è quello il momento di salvare i figli, perché non sa se domani li potrà ancora proteggere. Si nasconde con loro a casa di un'amica, con pochi panni in un sacchetto di plastica, lasciando tutto il resto. Il borsellino è vuoto e naturalmente non ha la firma sul conto del marito ma poco importa, tanto è un conto costantemente in rosso.
La famiglia anche prima riusciva a mangiare con qualche lavoretto che i due figli più grandi facevano dopo la scuola e con quel po' di cucito a cui S. si dedicava di nascosto, quando il marito era fuori a lavorare o a giocare. Lui ritiene che sia solo l'uomo a dover decidere di tutto e a potersi permettere di prendere iniziative. E cucire per le vicine in cambio di cibo o denaro non rientra nella sua visione del mondo.
Lei esce dunque con i figli e non torna più a casa. Il marito li cerca ma non li trova. Passano i giorni e la figlia maggiorenne lascia la scuola, nell'arco di qualche settimana comincia a lavorare a tempo pieno e riesce ad affittare per sé, madre e fratelli un monolocale. Anche gli altri figli contribuiscono come possono. S. cuce di più, a tutte le ore, e continua a sorridere e ad accarezzare i suoi figli e non si vergogna di domandare aiuto ad amici discreti e parenti lontani. Più di così non riesce a fare, ma non piange. S. è una grande e sa che la strada giusta è stata imboccata.
La sua fuga termina all'ospedale, pochi mesi dopo. Il marito la trova lì, in fin di vita. Al capezzale di S. piange di rabbia, lui, perché non l'ha più potuta controllare. Per lei solo parole di biasimo, dei figli nemmeno chiede. S. gli sorride comunque, stancamente. Poi va.
Dopo vent'anni S. ora è anche il nome della bimba nata dalla figlia più piccola della nostra S. Nel giro di amici e parenti che sono stati loro vicini le chiamano "S. grande" e "S. piccola" perché sono sempre presenti entrambe: due persone che non si sono conosciute ma tutte e due parte di una famiglia legatissima, sana e ricca di affetto. Dove tutti sanno che l'aggettivo "grande" per la prima S. parla davvero di lei.
Il marito, per la cronaca, malandato e perso, è adesso mantenuto dal lavoro dei quattro figli e dal poco denaro rimasto dalla vendita della casa con le mattonelle rotte, dopo aver pagato i debiti di gioco. Vive solo. La madre di quei quattro figli vive invece con il suo sorriso e le sue carezze ogni giorno nei loro cuori. E anche nel mio, che ho imparato da lei tante cose. Anche a ricucire gli orli slabbrati. Anche a fare il paté.
Paté (quasi di S.) di fegatini di coniglio al dragoncello
ingredienti per 4 persone:
250 gr. di fegatini di coniglio ben nettati
1 grossa cipolla
1 spicchio d'aglio
25 gr. di lardo
1 uovo
3 cucchiai di aceto balsamico
1 cucchiaio di cognac
1 cucchiaio di dragoncello
sale
Rassodare l'uovo in un tegamino di acqua fredda, contando circa 8 minuti dal bollore, raffreddarlo sotto l'acqua corrente e sgusciarlo.
Tagliare il lardo a fettine sottilissime e poi tritarle; tritare fine la cipolla; sbucciare e schiacciare leggermente l'aglio; ridurre i fegatini a pezzetti di circa 1 centimetro.
Struggere il lardo in un tegame a fuoco bassissimo, unirvi la cipolla e metà del dragoncello e lasciarla ammorbidire per cinque minuti, unendo eventualmente un cucchiaio di acqua perché appassisca senza dorarsi.
Unire il fegato, l'aglio, il resto del dragoncello ed il fegato, alzare la fiamma e spadellare un minuto, fino a che i fegatini cominciano a cambiare colore.
Versare l'aceto balsamico, ridurre di nuovo la fiamma e cuocere qualche minuto, salando leggermente, fino a che il fondo si è completamente asciugato, quindi spegnere, levare l'aglio e lasciar intiepidire.
Tritare l'uovo sodo e metterlo nel frullatore con il fegato ed il suo fondo, bagnare con il cognac e frullare, regolando se serve di sale.
Versare il paté in una terrina, compattarlo bene, coprire e mettere in frigo per una notte (passando poi la lama di un coltello sulla superficie una volta sformato per evitare l'aspetto irregolare che ho lasciato al mio...).
Burro ai carciofi e pepe
50 gr. di burro
3 piccoli carciofi
1 spicchio di aglio
3 bacche di pepe nero
sale
Lasciare il burro a temperatura ambiente per un'oretta.
Mondare i carciofi eliminando le barbe interne e tutte le foglie esterne dure e tuffarne i cuori in acqua fredda acidulata con limone o aceto perché non anneriscano.
Stufare i carciofi con una nocciolina di burro, 4 cucchiai di acqua, un pizzico di sale, l'aglio pestato ed i grani di pepe a fuoco basso, coperti, fino a che il fondo si è quasi del tutto consumato ed i cuori sono morbidissimi.
Mettere da parte le foglie restate eventualmente un po' dure e frullare il resto dei carciofi bel scolati a crema, incorporando poi il burro rimasto fino ad ottenere la consistenza di una pomata.
Avvolgere in carta da burro o certa forno per formare un salsicciotto ben stretto e mettere in frigo a rassodare.
Servire su crostini o cracker il paté insieme ad una rondellina di burro, decorando con dragoncello fresco o con qualche fogliolina cruda di carciofo.
Questo primo paté non so se rispetta esattamente i canoni previsti dalle giudici, che volevano l'ingrediente principale miscelato ad un grasso come burro, panna o formaggio. Come elemento rassodante qui si usa l'uovo, ma il grasso, sotto forma di lardo, è abbondante nella cottura e viene mantenuto all'interno del paté, contribuendo così a fare da legante una volta freddo. In alternativa all'uovo sodo comunque S. a volte usava il mascarpone ed il paté era ugualmente buono, leggermente più delicato. Mi piace però citare qui la sua versione "classica".
La seconda proposta invece rispetta tutti i canoni dell'MTC alla lettera. Tranne che i sapori sono talmente lontani da quelli italiani (o francesi) tradizionali che forse nemmeno sembra un paté.
Con la figlia grande di S. da ragazzine abbiamo più volte immaginato un viaggio in Paesi lontani. Un desiderio comune di fuga adolescenziale che è rimasta poi per entrambe una necessità della fantasia. Nella vita abbiamo invece imparato da sua mamma che scappare serve solo quando è un modo per affrontare la vita ancora più a fondo.
Paté di pollo e robiola agli aromi thai
ingredienti per 4-6 persone:
1/2 petto di pollo, circa 250 gr.
130 gr. di robiola
1 spicchio di aglio
1 stelo di lemon grass
1 cucchiaino di nuoc mam (o colatura di alici)
1/2 cucchiaino di olio di sesamo
1 cucchiaino di miele di acacia
1/2 cucchiaino di polvere "5 spezie" cinese (oppure un mix di chiodi di garofano, anice stellata, semi di finocchio, cannella e pepe di Sechuan in polvere)
1 cucchiaio di coriandolo fresco tritato
1 cucchiaio di sakè
1 cucchiaio di olio di arachidi
sale
Tagliare il petto di pollo a striscioline; tritare il lenìmon grass; pestare l'aglio nel mortaio.
Miscelare nuoc mam, miele, olio di sesamo, lemon grass, aglio, coriandolo e spezie in polvere e marinarvi il pollo per un'oretta, ben coperto.
Scaldare l'olio di arachidi, saltarvi velocemente il pollo, sfumare con il sakè, salare e lasciar asciugare il fondo, quindi spegnere e lasciar intiepidire.
Frullare il pollo e miscelarlo alla robiola, regolare se serve di sale e lasciar rassodare in frigo per un'oretta. (Anche qui vale lo stesso discorso di regolarizzare la superficie con un coltello se si vuole presentare sformato.)
Sciroppo ai cetrioli e arachidi
1 pezzetto di cetriolo da 5 cm. (circa 50 gr.)
1 cucchiaio di arachidi tostate salate (circa 15 gr.)
3 cucchiai di aceto di riso (circ 50 ml.)
2 cucchiai di zucchero (circa 30 gr.)
1/2 cipollotto
1/2 spicchio di aglio
1 cucchiaino di coriandolo tritato
1 pizzico di peperoncino in fiocchi
sale
per servire:
qualche bella foglia di insalata verde
Sciogliere lo zucchero nell'aceto in un pentolino con un pizzico di sale e 1 cucchiaio di acqua, portarlo lentamente a bollore e cuocere per 3 o 4 minuti, fino a che il liquido comincia ad addensarsi come uno sciroppo, trasferire in una ciotola pulita e lasciar raffreddare.
Sbucciare il cetriolo, privarlo dei semi e tritare la polpa finemente insieme a quella del cipollotto.
Pestare in un mortaio le arachidi insieme all'aglio ed ai fiocchi di peperoncino, fino ad ottenere una crema grossolana.
Unire le verdure tritate, il pesto di arachidi ed il coriandolo allo sciroppo di aceto e, se serve, regolare di sale.
Servire il patè di pollo su tartine o craker, insieme ad un ciuffetto di insalata julienne e a qualche goccia della salsa di cetrioli.
(PS: per passare da fingerfood ad antipasto vero e proprio si possono anche rotolare delle palline di patè in arachidi tritate ed unirle ad una julienne di insalata più abbondante, condita con la salsa di cetrioli ed un cucchiaio di olio di arachidi. Ma questa presentazione esulerebbe un po' troppo dal rigoroso tema del patè dell'MTC di febbraio.)
- rivoli affluenti:
- non ho libri di riferimento qui, solo il mio quaderno degli appunti dove avevo annotato la ricetta di S. ai tempi in cui io ero ragazzina e lei già una grande.